Gentili e affezionati lettori,
nel corso dell’intervista che ho recentemente rilasciato sul tema dell’aborto in America, ovvero sulla nota decisione della Corte suprema statunitense che ha abolito la sentenza “Roe vs. Wade”, sono stati diversi gli aspetti esaminati. Per prima cosa ho cercato di mettere in luce come gli USA siano tornati indietro di 50 anni, ovvero al ’73, momento in cui i giudici avevano riconosciuto il diritto all’abborto.

L’annullamento della normativa federale costituisce di certo una pesante sconfitta per le donne donne non solo americane. Anche se alcuni in Stati continua la lotta per difendere questo importante diritto, in altre zone verranno adottate pesanti restrizioni. In Louisiana ed in Alabama, ad esempio, vige il divieto quasi totale, salvo che nelle ipotesi più gravi, cioè quando sussitono rischi per la salute della gestante, nelle ipotesi di incesto o di stupro che vengono denunciati dalla polizia.

Siamo quindi di fronte ad una situazione abbastanza delicata, in quanto è stato spazzato via per le donne americane il diritto di abortire e di disporre del proprio corpo. In parole semplici l’aborto non rientra più fra i principi costituzionalmente garantiti e per questo oggi viene meno la libertà di scelta delle donne.

Mi sono interrogata più volte sul senso profondo di questa sentenza e giungo alla conclusione che sia il frutto di un meccanismo strettamente politico. Ricordo, infatti, che i giudici facenti parte della Corte sono stati direttamente nominati dal presidente Trump.

Una cosa è certa: questa decisione lascia assolutamente sgomenti e ha come conseguenza diretta solo quella di ferire la dignità delle donne statunitensi. Si tratta di un colpo davvero terribile per i diritti umani, come è stato ribadito anche dall’Onu.

C’è infine un altro punto che desidero sottolineare. Ritengo che le donne nel corso del tempo abbiano lottato e fatto molto per conquistare certi diritti, che meritano di essere tutelati in qualsiasi caso e periodo storico.

 

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